[…] Sul piano del linguaggio la musica di Carrara può essere inscritta nella corrente neoromantica di quei compositori che, rifiutando gli sperimentalismi delle avanguardie del Novecento, puntano al recupero di una comunicativa immediata attraverso atteggiamenti di scrittura tradizionale, dal gusto di un nitido melodizzare all’armonia tonale screziata di modalismi, fino alla regolarità delle strutture formali. Una certa influenza minimalista può poi essere riscontrata nelle ostinate ripetizioni di certi moduli ritmici e melodici, ma senza i complessi procedimenti di elaborazione cari a questa corrente. Insomma, una musica dall’apparenza dimessa, semplice e diretta, fatta per piacere al primo ascolto senza porre complicazioni intellettualistiche. I titoli e i contrasti di atmosfera dei singoli brevi movimenti suggeriscono però la necessità di andare oltre l’apparenza, alla ricerca dei significati nascosti dietro un itinerario tanto lineare da sembrare perfino banale. In realtà, sul piano dei contenuti, Carrara intende parlare delle ansie e delle nevrosi del nostro tempo come dell’aspirazione a liberarsene attraverso il ricordo del passato o la conquista di una nuova energia capace di trascenderle, con la ricorrente presenza di un clarinetto, quasi investito della funzione di evocare l’accorata voce recitante del compositore stesso. Candidamente trasparente, ma in realtà assai scaltra nel dosaggio delle sue componenti elementari, la musica di Carrara trova in questo disco una restituzione allo stesso tempo puntigliosamente nitida e appassionata dai Solisti Aquilani […].

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